Hervé Barmasse, Iker ed Eneko Pou e la nuova via sul Brouillard

August 24, 2019 Off By HotelSalesCareers

Intervista ad Hervé Barmasse, Iker ed Eneko Pou dopo “La Classica Moderna” la nuova via che i tre alpinisti hanno aperto sul Pilastro di sinistra del Brouillard (Monte Bianco).

Ve l’avevamo promesso. Ecco dunque l’intervista ad Hervé Barmasse, alpinista e Guida alpina di Valtournenche, e ai fratelli baschi Iker ed Eneko Pou, apritori della nuova via sul Pilastro di sinistra del Brouillard, nel cuore selvaggio del versante italiano del Monte Bianco. Tutti e tre non hanno bisogno di presentazioni. Vi lasciamo quindi a quello che ci hanno raccontato. Non prima però di ricordarvi che questa nuova via, chiamata emblematicamente “La Classica Moderna” (vi sarà chiaro perché se leggerete l’intervista), fa parte del progetto di trilogia di Barmasse, Exploring The Alps, ormai giunto, dopo la sua solitaria dell’aprile scorso sul Picco Muzio al Cervino e dopo questa via sul Bianco, alla seconda “puntata”. Ma soprattutto ci preme segnalarvi ancora una volta quell’aggettivo, “selvaggio”, usato per i grandi Pilastri del Brouillard, a cui vorremmo aggiungere un “magico”. Fidatevi… provare (con preacuzione!) per credere.

INTERVISTA A HERVÉ BARMASSE, IKER ED ENEKO POU
di Vinicio Stefanello

Iniziamo dalla… fine. Per tutti e tre: un aggettivo o una frase per descrivere questa nuova via sui Pilastri del Brouillard alias il Monte Bianco da sud…
Iker:
Bellissima, preziosa, unica.
Eneko:
Suggestiva, impressionante l’ambiente che ci circondava, molto invernale.
Hervé: Alpina, ma allo stesso tempo Patagonica per le condizioni che abbiamo incontrato.

Hervé, perché per la seconda “puntata” del tuo progetto sulle Alpi hai scelto i Pilastri del Brouillard? Da dove viene l’idea e cosa rappresenta questa parte del Monte Bianco per te…
Hervé: Sul Monte Bianco la zona più isolata, affascinante, selvaggia e severa è da sempre quella del Brouillard. Trattandosi di un progetto che vuole riscoprire l’alpinismo sulle tre cime più alte delle Alpi la scelta non poteva che ricadere su questa zona. Arrivare sino agli Eccles per poi aprire una via sui pilastri e continuare sino in vetta al Mt Bianco, è nel complesso più difficile che aprire una via con alte difficoltà tecniche su roccia obiettivo facilmente perseguibile avendo tra i compagni di cordata Iker Pou, scalatore con all’attivo vie con difficoltà fino al 9a+ o ghiaccio in qualsiasi altra zona di questa montagna.
Iker: Salendo al Monzino sotto l’acqua e, soprattutto il mattino dopo, con la neve pochi metri sopra il rifugio, avremmo tutti preferito andare ad aprire una via sull’Aguille Noire, sulla Ovest. Magari una linea tecnica e dura, ma poi non sarebbe più stata una salita alpinistica, ma solo una delle tante vie di scalata.

Eneko & Iker, c’eravate mai stati sul Brouillard e che impressione ne avete avuta?
Iker ed Eneko: No mai.
Eneko: Selvaggio come la Patagonia e grande come l’Himalaya.
Iker: E’ un versante spettacolare, e la cresta che porta in cima al Monte Bianco, forse per la stanchezza o lo zaino troppo pesante, la pensavo molto più facile.

Adesso prima di parlare “seriamente” della via, un’altra mia curiosità. Hervé perché hai scelto come compagni per questa avventura Eneko & Iker Pou…
Perché sono degli “arrampicatori sportivi” che si prestano bene alle “grandes courses” alpinisitiche, inoltre si sa che i Baschi hanno la testa dura, esattamente come i valdostani…

Eneko & Iker: cosa vi ha fatto accettare la proposta di Hervé?
Eneko: Con Hervé ci siamo conosciuti in Patagonia e dopo l’esperienza invernale in Pakistan lo scorso anno, c’eravamo promessi di scalare di nuovo insieme. E farlo aprendo una via sul Monte Bianco è stata una grande occasione per entrambi.

Arriviamo al punto tecnico. Cominciamo dal Pilastro su cui corre la nuova via per poi parlare della linea… potete descrivercelo, ci sono altre vie? e che linea segue la vostra via?
Hervé: La linea che avevamo scelto inizialmente era un’altra, ma sul posto c’era troppa neve e troppo ghiaccio e così come spesso accade in montagna, è l’alpinista che si deve adattare. Il pilastro del Brouillard che abbiamo salito è quello di sinistra. Su questo pilastro, così come su tutti gli altri di questa zona, sono presenti altre vie ma ci sono ancora tante possibilità per aprirne delle nuove. La via aperta, che passa a destra di quella aperta dai polacchi nel 1971, alla fine si è rivelata molto più bella di quello che ci aspettavamo.

Potete descriverci l’avvicinamento e la via?
Ikere ed Eneko: dal nostro punto di vista l’avvicinamento è paragonabile a quello dei grandi spazi Himalayani. Qui non occorre solo saper scalare ma è fondamentale sapersi muovere sui ghiacciai, e se si decide di andare in vetta fino al Monte Bianco, i metri di dislivello sono veramente tanti, 3300 m.
Eneko: La via assomiglia molto ad una salita della Patagonia dove spesso la difficoltà maggiore è data dal sapersi muovere in completa autonomia e velocità per raggiungere il proprio obiettivo.

Come l’avete affrontata, anche come tempistica e condizioni, e con che stile?
Hervé: Le nostre intenzioni erano quelle di seguire lo stile, la filosofia e l’etica di chi per primo era stato il grande protagonista su questi pilastri, Walter Bonatti – questo senza cercare inutili paragoni, lui è uno dei “grandi” dell’alpinismo – e anche per questo volevamo concludere la nostra avventura in vetta al Bianco, senza spit e arrampicando veloce, per quanto si possa essere veloci aprendo una via in completa autonomia con sacco piuma, fornello a gas ecc.
Di fatto questa seconda ascensione, fa parte di un progetto che ha come obiettivo la riscoperta delle Alpi e le origini dell’alpinismo. E se sul Cervino il tema è stato l’apertura di una via in solitaria, più difficile sia dal punto di vista tecnico che psicologico, qui si è cercato di esaltare il significato della “cordata” e dell’amicizia che lega tanti scalatori di tutto il mondo.

Ora è il momento del “passaggio obbligato” almeno per gli alpinisti… che difficoltà avete incontrato? Potete farci un paragone con altre vie…
Iker ed Eneko: è una via che ricorda la “Super Canaleta” in Patagonia, salita alcuni anni fa, forse più difficile, anche perché in apertura hai sempre più materiale di quello che serve. Essendo una prima, non esistono relazioni e non sai mai quello che potresti incontrare sul tuo cammino.
Iker: la difficoltà massima è di 6c su roccia e di misto classico nei tratti di cresta che uniscono i risalti di questo pilastro. Una via molto più bella di quello che pensavamo guardandola dal basso, dove il pilastro di sinistra veniva offuscato dalla maestosità del Rosso. E’ stata una scalata che ha saputo offrirci il piacere dato dal granito perfetto del Monte Bianco, un granito che non esiste in nessun altro posto al mondo.

All’uscita della via avete deciso di andare in cima al Monte Bianco, un bel viaggio al confronto della discesa in doppia per tornare alla base… Perché questa scelta ovvero per metterla in maniera più leggera: pregi e difetti di questa sgroppata in cima?
Hervé:
Andare in cima al Monte Bianco, dopo aver scalato uno dei pilastri del Brouillard, fa la differenza, soprattutto se si sta aprendo una via: molte più ore di cammino, uno zaino più pesante, oltre al rischio di temporali violenti che possono sorprenderti a tarda serata. E’ indispensabile avere capacità differenti: buoni polmoni, tanta voglia di far fatica oltre che saper scalare e muoversi su terreno misto. Inoltre, aprendo una via, il bivacco è praticamente d’obbligo. Scendere in doppia significa essere in meno di due ore al riparo e su una branda comoda del rifugio Eccles, a ridere e scherzare spensierati. La nostra salita, rispettando la filosofia e l’etica dei primi salitori di questi pilastri, Bonatti e Oggioni, che avevano scalato il Rosso fino in vetta al Monte Bianco, non poteva che terminare in cima, pur sapendo che più della metà delle cordate che hanno aperto vie nei Brouillard sono scesi in doppia.

Prima della cima del Bianco avete bivaccato… com’è stato?
Iker: spettacolare, il bivacco più bello della nostra vita.
Hervé: un’emozione senza paragoni. Eravamo fermi, seduti su quella piccola cengia, nessun movimento, nessuna azione, eppure quel momento è stato forte ed emozionante come la scalata stessa. Un regalo inaspettato che ha reso questa salita ancora più bella.

Poi il giorno dopo la cima. Per te Hervé era la n°? Invece per voi Eneko e Iker era la prima volta? Sensazioni…
Eneko: per noi era la seconda volta sul Monte Bianco, la prima 19 anni prima con nostro padre dal versante francese.
Sensazioni? Dopo alcuni giorni sempre soli, arrivare in vetta e trovare 150 persone, è stato “particolare”. Sembrava di essere su un’altra montagna.
Hervé: come disse il “Carellino” riguardo al Cervino: “Non troppe volte, ma mai dalla stessa via…”

Hervé con il tuo progetto di trilogia volevi tra le altre cose affermare che sulle Alpi c’è ancora spazio per l’avventura… dopo questa seconda tappa trovi che la tua tesi sia ancora valida? Perché?
Herve: Si. Penso che siamo noi a dare un significato alle nostre azioni e al nostro modo di vivere la montagna. Non esiste quello migliore o peggiore, ma se si vuole un po’ d’avventura sicuramente la si può ancora trovare, anche sulle montagne di casa. Ad esempio andandoci fuori stagione, in inverno, magari lontano dalla funivia o dai rifugi custoditi, aprendo vie nuove, o ripetendo quelle esistenti, seguendo la filosofia e lo stile di chi le ha salite per primo. E visto che entriamo nell’argomento devo dire che vedere gli spit sulla Bonatti al Pilastro Rosso mi ha proprio infastidito.

Iker ed Eneko… questo è il secondo anno che siete in “viaggio” nelle Alpi cosa ci potete dire in proposito… e poi nostalgia dei vostri Pirenei?
Iker: Nostalgia dei Pirenei sempre… Durante i nostri viaggi nelle Dolomiti ci siamo trovati quasi come a casa. Queste montagne, anche se ricoprono una superficie più vasta dei Pirenei, sono molto simili alle nostre. Le Alpi dell’Ovest invece, ad esempio il Monte Rosa e il Monte Bianco, dove abbiamo trascorso questi ultimi giorni di questo nostro viaggio, sono invece molto più simili all’Himalaya. Grandi ed enormi ghiacciai, alta quota e grandi dislivelli.

Finiamo classicamente con cosa salvate di quest’esperienza e cosa ha voluto dire per voi e cosa magari non vi ha soddisfatto?
Hervé: salverei tutto. Anche il nostro momento di debolezza al rifugio Monzino dove, viste le cattive condizioni e la tanta neve, avremmo voluto andare sulla vicinissima Aguille Noire e magari aprire una via dura di scalata su roccia e ora fare i “fighi”.
Iker & Eneko: Eh già… Ma solo per il Bivacco abbiamo fatto bene a continuare verso l’alto…

Una battuta per il futuro vostro e se volete dell’alpinismo…
Iker & Eneko: Meno arrampicata sportiva e più avventure, così come in questa esperienza. Certo, non smetteremo mai di scalare vie difficili in giro per il mondo, sia in falesia che su grandi pareti, ma credo che a volte il confronto con l’alpinismo ti apra nuovi orizzonti.
Hervé: Per ora vorrei solo concludere al meglio questo progetto, cercando di raccontare una storia differente. E se il Cervino ha saputo regalarmi l’ingaggio e la severità di un alpinismo al “limite” il mio s’intende, con questa salita e con la prossima sul Mt. Rosa spero di riuscire a far risaltare un concetto molto più romantico della montagna e dell’alpinismo.

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