Prima ripetizione della Diretta del Gran Diedro al Col Nudo per Baù e Roverato

August 28, 2019 Off By HotelSalesCareers

30/07 Alessio Roverato e Alessandro Baù hanno realizzato la prima ripetizione della Diretta del Gran Diedro alla parete Nord dell’anticima del Col Nudo (Alpago, Dolomiti). 700 metri di (un’impressionante) parete che Franco Miotto e Benito Saviane avevano salito, tra il 13 e il 16 Giugno 1981, superando difficoltà dal V al VII- e A2.






L’hanno rifatto, anzi l’hanno ripetuta: il 30 luglio scorso Alessio Roverato e Alessandro Baù hanno percorso la Diretta del Gran Diedro alla parete Nord dell’anticima del Col Nudo (Alpago, Dolomiti). Ovvero i 700 metri di (un’impressionante) parete che Franco Miotto e Benito Saviane avevano salito per primi, tra il 13 e il 16 Giugno 1981, superando difficoltà dal V al VII- e A2. Da allora, da (ben) 25 anni, nessuno l’aveva più percorsa quella via.

Si tratta di una prima ripetizione di una via che arriva dalla notte dei tempi, dunque. Una via che i due giovani padovani poco più che ventenni, hanno affrontato come una grande avventura. Per Alessio Roverato è una storia che si ripete, che va ad aggiungersi alla recentissima seconda ripetizione della Diretta Sudovest al Pelmo (sempre una via targata Miotto) effettuata con Luca Matteraglia l’1 e 2 luglio scors (vai alla news). Per Alessandro Baù è ancora una prima ripetizione che fa coppia con quella dello scorso anno (insieme a Enrico Marini) su “W Mejico Cabrones” in Civetta (vai alla news). Entrambi padovani, entrambi straordinariamente “presi” per le vie firmate da Franco Miotto. Alessio e Alessandro, ci raccontano la loro bella e intensa giornata tra le aleatorie “tegolette” del Col nudo (leggere per credere).

Difficile capire fino in fondo cosa abbia motivato Alessandro e Alessio. Loro parlano di una giornata perfetta. Di una gran via. E dello stupore a cui si è aggiunta tutta l’ammirazione provata sul “campo”, in parete, per quello che sono riusciti a fare i primi salitori. Descrivono una roccia non certo perfetta (anzi anche da brividi) ma che gli ha regalato una giornata memorabile. Non avrebbero scommesso un cent per l’uscita in giornata, invece hanno goduto di un bel (anche se bagnato) bivacco in cresta. E poi, aldilà di tutte le considerazione tecniche, c’è solo spazio per la grande gioia – come del resto era già accaduto sul Pelmo – di essere stati accuditi, accolti, seguiti con grande affetto proprio da Franco Miotto e Benito Saviane, gli antichi eroi di quella parete. Ma anche da Mauro Corona, gran maestro dell’ertano verticale, e non…

Tutto si è concluso con una gran festa come nelle migliori tradizioni della montagna nascosta e selvaggia. E, a giudicare da come brillano gli occhi dei due baldi giovani padovani mentre raccontano del loro Col Nudo, c’è da scommettere che non se la scorderanno tanto facilmente quell’avventura e… quella festa.

A SUON DI TEGOLETTE ANDON FORA PER FORA!
di Ale & Ale

Prima ripetizione della Diretta al Gran Driedo della Nord del Col Nudo

Primi di luglio, suona il telefono.
Alessio: “pronto”
Alessandro: “ehi biondo, ecco la proposta: piglia “la Forza della Natura” e rileggi la salita del Col Nudo per il Gran Diedro, via aperta dalla premiata ditta Miotto-Saviane nel ’81: fa paura…

“Come piaceva il Col Nudo, adesso, a Franco. La sua altezza non era paragonabile al Burel, né alle Pale di San Lucano, ma il tipo di roccia richiedeva il massimo impegno. Era un calcare completamente diverso da quello di qualsiasi altro gruppo dolomitico. Tutto a pance arrotondate, con appigli a tegolette rovesce, sminuzzata, difficilissima da chiodare.” (da “La forza della natura, Franco Miotto, l’uomo dei viàz” di Luisa Mandrino, CDAVivalda)

“Che dici, ci buttiamo?” Alessio: “Ecco, lo sapevo… ti te si pericoloso, maledetta quella volta che ti ho detto di leggere il libro di Luisa Mandrino. Sono appena tornato dal Pelmo (seconda ripetizione della Miotto-Bee-Groaz sulla parete sud-ovest) e mi ero ripromesso di stare tranquillo per un po’ ma, come faccio a dir di no?!”

Così è cominciato tutto; ci ritroviamo a casa di Franco assieme a Benito per guardare le diapositive della via e catturare qualche consiglio degli apritori. Le foto sono impressionanti e capiamo che la “parete d’argento degli ertani” è oltremodo temuta. Conosciamo anche Adriano, il carismatico gestore del rifugio Casera Ditta, Pino e Italo che, un po’ increduli, ci assicurano il supporto. Qualche giorno dopo andiamo a vedere l’attacco: 3 ore di faticosa scarpinata a zaini vuoti!

I giorni seguenti sono caratterizzati dai preparativi. Ritorniamo all’attrezzatura di 25 anni fa: cunei di pioppo per le fessure e tasselli in ottone con vitina da 6 per i tratti di artificiale che in apertura sono stati schiodati…

Sabato 29 Luglio
Dopo la cerimonia per l’assegnazione del Pelmo d’oro (a Ivo Ferrari ndr) andiamo all’attacco accompagnati da Adriano e Pino che ci danno una mano a portare su tutto il materiale. Bivacchiamo sulla sella erbosa da dove attacca la via: è un posto magnifico fuori dal mondo e le sfuocate luci di Erto in lontananza sono l’unico segno di civiltà.

Domenica 30 Luglio
Alle 5, dopo aver deciso di non prendere i sacchi da bivacco, salutiamo i compagni e attacchiamo la facile rampa della via Hasse-Leukroth. Con un paio di tiri ci portiamo sulla cengia che conduce sotto la verticale dell’enorme diedro giallo strapiombante. Qui iniziano i quattro tiri chiave della via che ci hanno occupato per otto lunghe ore.

Alessio: il primo tiro dopo la cengia tocca a me, riesco a farlo in libera; Ale mi raggiunge e quando vede il chiodo a pressione di sosta, mi dice “ma cos’è quella porcheria?” Rispondo che, rispetto a quelli del Pelmo, questo è molto meglio! Stupore.

Alessandro: Riparto sul diedro giallo strapiombante: la roccia è compatta e liscia sulla faccia sinistra, a tegolette rovesce completamente marce su quella di destra. Pianto un provvidenziale cuneo e esco dal diedro verso destra. La relazione dice: “Si prende una placca gialla compatta e strapiombante; in alto vi è un tetto che si supera a sinistra” (Guida Monti d’Italia Dolomiti orientali Vol. 2). Il tetto è li, a 10 metri, ma come cavolo ci arrivo? La placca è liscia, certamente non di sesto; penso “Come diavolo ha fatto Franco a passare di qui? sto sicuramente sbagliando”. Testardo mi dico che è la via più logica e, dopo aver piantato una lametta psicologica, mi alzo in placca finché ad un certo momento scorgo qualcosa di inconfondibile e insperato “Madonna, il buco!” (ndr piccolo foro per il chiodo a pressione) era la via giusta. Non riesco ancora a capacitarmi di come Franco sia salito, eppure certamente è passato: un grande. Dopo più di due ore di battaglia arrivo stremato in sosta e son contento che tocchi ad Alessio.

Alessio: Parto per il famoso traverso delle tegolette rovesce, trovare i buchetti è davvero un’impresa. Spesso devo rimanere in posizioni scomodissime che mi stancano moltissimo, magari con una tegoletta precaria da usare come appiglio o come appoggio. Non riesco a capire come abbia fatto Franco a rimanere appeso tutte quelle ore in certe posizioni. Aveva una resistenza fisica e una determinazione da paura. Ad un certo punto mi devo appendere ad un buchetto tutto crepato… cerco di caricarlo meno possibile ma è comunque un’esperienza da brividi. L’uscita del traverso riesco a passare una buonissima clessidra… finalmente qualcosa di sano e sicuro. Delle fessure non proprio facili mi portano in sosta. Finalmente mi appendo all’imbraco.

E’ a questo punto che vediamo arrivare l’elicottero… GIALLO.
Alessio: “Ma… hanno già chiamato il soccorso alpino? Non pensavo avessero così poca fiducia in noi…”. Poi scopriremo che era Benito Saviane: aveva dirottato un elicottero per venire a farci qualche foto.

Alessandro: Mi avventuro sul tiro dello stillicidio. Quando supero i tre chiodi a pressione del secondo bivacco, penso alle contorsioni di Franco per entrare nell’amaca e al cuneo gonfio di piscio (leggi il libro) su cui era assicurato Benito. Per un attimo fisso quel punto dove, in una notte: “si affacciarono tutti i perché dell’alpinismo” (da “La forza della natura, Franco Miotto, l’uomo dei viàz” di Luisa Mandrino, CDAVivalda). Continuo per un diedro “che uno stillicidio rende viscido e oltremodo insidioso” (Guida Monti d’Italia Dolomiti orientali Vol. 2). Con 55 metri di corda esco dal tetto formato da un enorme masso incastrato sporgente di 12 metri e arrivo ad un comodo terrazzo: sono le 4 del pomeriggio, l’amico “stilly” è stato superato e siamo fuori dalla sezione più dura della via. Sollievo.

I tiri successivi si articolano su una serie di camini uniformi e slanciati dove le famose tegolette la fanno sempre da padrone. Gli ultimi due tiri sono abbastanza tranquilli ma mai banali. Usciamo in cresta, alle 21.30, alla luce delle frontali. Come due bambini che costruiscono il castello di sabbia, tiriamo su 4 muretti per il bivacco. A opera completata lo guardiamo soddisfatti e ci diciamo: siamo dei maestri del muretto a secco! Purtroppo alle 3, causa temporale in arrivo, lo dobbiamo abbandonare e rifugiarci in una grotta che Alessio, calandosi in doppia, ha trovato su versante sud.

Alle prime luci raggiungiamo la cima del Col Nudo e, mentre il temporale ci gira sopra, iniziamo la discesa sul versante opposto; non c’è tempo per la foto. Con enorme sorpresa incontriamo Franco Miotto e Adriano che erano partiti alla 4 per venirci incontro. Affettuosi abbracci sono solo il frutto dell’istinto. Poco dopo anche Benito Saviane ci raggiunge e la commozione è dipinta nei suoi occhi. Insieme, veloci e agili come dei camorz, scendiamo il ripido ghiaione: c’è il prosecco che ci aspetta. La mattinata trascorre in mezzo ai festeggiamenti e prima di andare a pranzare ci raggiunge anche Mauro Corona: per noi è un onore ricevere i suoi complimenti. Insieme andiamo a far baldoria al soleggiato rifugio Casera Ditta (andateci perché merita!) dove vecchie e nuove generazioni si raccontano.

Alessio: per me, che sono astemio, è stato un problema non da poco riuscire a superare indenne la giornata. Ogni volta che pronunciavo la fatidica frase “Sono astemio” tutti mi guardavano male… ma che ci posso fare?! Il vino e gli alcolici non riesco proprio a mandarli giù!

Vogliamo ringraziare di cuore Adriano, Pino e Italo. Il vostro appoggio è stato fondamentale. Grazie Franco e Benito perché senza il vostro aiuto e i vostri consigli tutto ciò sarebbe stato difficilmente possibile. Infiniti complimenti agli apritori per questa spaventosa, difficile e al tempo stesso affascinante via. Per salirla bisogna buttare il cuore oltre l’ostacolo. Noi sapevamo che su quelle pance si passava e questo era un grandissimo vantaggio.

testo e foto di Alessandro Baù e Alessio Roverato

Anticima del Col Nudo, parete Nord
Diretta al Gran Diedro
Apritori: Franco Miotto e Benito Saviane, 13-16 Giugno 1981
1° ripetizione: Alessandro Baù e Alessio Roverato, 30 Luglio 2006
Dislivello: 700m, dal V al VII-, A2
Materiale in parete: 5 chiodi e 4 chiodi a pressione, 2 cunei (trovati in parete); 2 chiodi lasciati dai primi ripetitori.


Portfolio Diretta Sud Ovest del Pelmo per Roverato e Matteraglia Civetta: ripetizione di “W Mejico Cabrones” per Baù e Marini

Nelle foto dall’alto: Alessio Roverato sul traverso delle tegolette;Alessandro Baù sul gran diedro; Alessio sullo stillicidio; Il tracciato della Via (foto arch. Baù-Roverato)

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